IL DENARO E’ UN SIMBOLO

IL DENARO E’ UN SIMBOLO

La questione si pone in questi termini: sono soldi i soldi o non sono soldi?

Questa domanda, che si poneva Gertrude Stein nel 1936 (1) , è la stessa che oggi si pongono generazioni di analisti, di vari indirizzi, di fronte alla continuità di sogni che parlano dell’argomento e di fronte agli atteggiamenti, a evidente tonalità affettiva, che la gente assume nei confronti del denaro. Che cosa sono allora? Non sono soldi; e non lo sono perché sono simboli. Il denaro è una realtà simbolica.

E cos’è un simbolo?

Secondo una definizione classica e amplissima, simbolo è “qualcosa che sta al posto di qualcos’altro” (aliquid pro aliquo). La psicologia analitica distingue però nettamente il segno dal simbolo. Il segno è una cosa che sta in luogo di un’altra per effetto di convenzione o di altri processi consci e razionali ed è in questa concezione che si pensa normalmente al denaro: la carta monetaesprime(va) un valore aureo garantito dagli stati e dalle banche centrali e questo è frutto di accordi economici fra gruppi, potentati e stati e inoltre la moneta digitale oggigiorno è denaro virtuale, garantito da un valore giacente su un conto bancario. Questi sono segni.

Il simbolo, invece, è una cosa che sta al posto di un’altra per effetto di processi inconsci. Simbolo è, propriamente, il rappresentante presso il conscio di un contenuto inconscio. E’ opportuno precisare che la formazione di un simbolo avviene al di fuori della coscienza e dell’intenzionalità (non lo si può cioè inventare) e assolve a una funzione sintetica: concilia in una unica rappresentazione un contenuto inesprimibile/inconscio e una forma percepibile/conscia.

Il simbolo del denaro ha una importante funzione psicodinamica: opera affinché contenuti del profondo possano sottrarsi all’indifferenziazione e trovare una via di manifestazione. In questa prospettiva, la vita simbolica del denaro si intreccia con il processo di individuazione. Un percorso lungo il quale ciò che è presente in potenza nell’inconscio viene realizzato in atto con la partecipazione del conscio.

Diceva Jung che un simbolo autentico è “la migliore, la più adatta espressione possibile per designare ciò che ancora è sconosciuto; è il modo più felice per designare ciò che appena si presenta, ma ancora non si conosce chiaramente” (Jung, 1921). Così dentro al nostro bancomat, al nostro conto corrente o nel nostro portafoglio giace qualcosa di impalpabile: un letterale patrimonio di possibilità, potenzialità, sicurezza, disinvoltura, arroganza, superiorità, meschinità, valori e chissà cos’altro. Come dire “Dimmi come usi il tuo denaro e ti dirò chi sarai più che chi sei”. Il denaro, come sostenne Simmel, contiene un super-additum di evidente natura psicologica. Infatti l’aspetto venale del denaro si può intravedere come un universo complesso; sia l’abbondanza che la penuria spalancano pesanti implicazioni oggettive e soggettive. In quanto simbolo, il denaro costella tutte le funzioni psichiche. La moneta sonante e i bigliettoni fruscianti investono la sensazione (Paperon de’ Paperoni che si tuffa nei suoi dollari offre una immagine esaltata della sensorialità del denaro).

 

I calcoli numerici e i logaritmi per gestire i patrimoni finanziari attivano forme complesse di pensiero. Visualizzarsi in una diversa condizione economica favorisce la funzione immaginativa. E cosa dire dell’essere oggetto di desiderio e strumento per realizzare desideri? Ma soprattutto i soldi attivano emozioni e sentimenti, a volte in modo tiepido ma spesso fortemente. E ovviamente come non riconoscere un grande intuito a certi uomini d’affari. Come ogni simbolo, il denaro proviene dalle “funzioni mentali più altamente differenziate” che hanno fatto la civiltà e la grandezza dell’uomo, ma al contempo sgorga in egual misura dagli impulsi più bassi e primitivi. Il simbolo denaro possiede una natura ibrida e gioca un ruolo fortemente ambiguo.

Certamente è il motore dell’attuale civiltà e in quanto simbolo è un attrattore psichico: analogamente agli attrattori fisici, funge da punto di convergenza su cui si convogliano le forze di un campo e le dinamiche di un processo. E’ una realtà concreta, non astratta, che agisce e produce effetti. Ad attestare la sua natura simbolica è proprio il suo spessore di realtà, l’importanza e la serietà con cui viene trattato e l’essere stato assunto a criterio di misura di tutte le cose. Negare l’importanza del denaro oggi significa agire un meccanismo di difesa, rimozione o negazione che sia. Come esso si manifesta nella realtà individuale e sociale dice quindi molto di ciò che alberga nell’inconscio sia personale che collettivo e di come solo attraverso una scelta consapevole esso possa diventare conosciuto per poi essere accettato e trasformato.

 

Molto spesso si pensa che ciò che c’è nella realtà percepita sia immutabile e che non dipenda dal singolo il cambiamento di un sistema, personale o sociale. Personalmente sostengo il contrario: proprio grazie al potere del simbolo denaro abbiamo nelle nostre mani una occasione eccezionale e quotidiana di trasformazione. Dipende da noi scegliere di agirlo o al contrario esserne agiti. La differenza sta nella nostra consapevolezza e nell’importanza data all’io. Il denaro accompagna, da sempre, la progressiva affermazione dell’io sulla scena della psiche collettiva; è stato utilizzato e idealizzato, sviluppato e spesso strumentalizzato come braccio operativo di un ego che controlla, domina, impone e comanda. La civiltà del denaro è civiltà dell’io ma di un io erroneamente concepito, che esalta la volontà come supremazia, potere, dominio a discapito di un io – centro di pura consapevolezza che si presta a integrare, accettare e porre in connessione le varie istanze intra e inter- personali.

In questo senso va capito come mai il denaro, concepito come oggetto numinoso, si sia trasformato in strumento di bieche pulsioni o meglio abbia sviluppato primariamente questo aspetto della psiche umana. Il lato ombra che solo se conosciuto può essere integrato e superato. La forza del simbolo denaro è così una grande occasione di integrazione e sintesi per il singolo e per l’umanità.

 

 

(1) Gertrude Stein (1874-1946) è stata una scrittrice e poetessa statunitense

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Federica Tommasini

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